Tang da fuori sembra uno dei tanti locali di Paolo Sarpi, composto da una vetrina seminascosta da un piccolo gazebo, che non capisci se è un bar, se dà anche da mangiare, o cosa. Poi ti cade l’occhio su di un tavolino e ci vedi un bel ciotolone di brodo in cui galleggia una certa quantità di ravioli e, insomma, qualcosa ti scatta dentro e hai voglia di provarci.
Tang è strutturato come un fast food, ma con la cucina a vista, e il raviolo è il suo core business, infatti ti ritrovi i cestini di vimini usati per cuocerlo anche sopra la testa come lampadari. Ti fanno ordinare alla cassa e poi ti portano la roba al tavolo. Il nome completo è Tang Gourmet ma nonostante il francesismo ogni leziosità è bandita. Il menù è ampio ma rigoroso, ci si trovano soprattutto spaghetti (noodles o tagliatelle, artigianali o fatti in casa) e ravioli in grande varietà, asciutti e in brodo, con vari brodi, con carne, verdure.
Attenzione quando si ordina: le porzioni sono cospicue e molte preparazioni originali, attenzione onde evitare di affrontare quantità di ignoto superiori alle vostre forze. Personalmente ho trovato la pasta usata per le preparazioni buona e la carne in generale fresca e rosea. Sono riuscito a finire una scodellona di noodles con manzo e pomodoro, un po’ in onore di Gianburrasca, magari discutibile nell’abbinamento ma equilibrata. I ravioli in brodo non mi hanno deluso, ripieni di spinaci, li ho trovati molto delicati.
Da Tang si ritrovano le caratteristiche della cucina cantonese, che predilige la cottura al vapore e usa poche spezie per non coprire i sapori degli ingredienti freschi, e un rapporto qualità prezzo degno degli anni 90. L’atmosfera mordi e fuggi ne fa un posto pratico per un pranzo veloce e completo, da ripetere a piacere fino a esaurimento delle varianti di raviolo.